La Suprema Corte, attraverso la propria espressione (Cass. ord. 11 febbraio 2019, n. 3901) è intervenuta sul caso di cinque infermieri che avevano chiesto la condanna dell’Ausl della Regione Umbria al pagamento del lavoro straordinario per il tempo impiegato per la vestizione prima del turno di lavoro e per quello utilizzato per il passaggio di consegne ai colleghi del turno successivo.
In precedenza il Tribunale e la Corte d’Appello di Perugia rigettarono l’istanza sulla base del fatto che il lavoro straordinario nel pubblico impiego contrattualizzato deve essere autorizzato preventivamente e che non esiste, presso l’Ausl umbra, nessuna regolamentazione dei tempi di vestizione-svestizione del personale. Da qui il ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte
I giudici del Palazzaccio accolgono il ricorso degli infermieri, affermando che “in materia di orario di lavoro nell’ambito dell’attività infermieristica, in mancanza di regolamentazione della contrattazione collettiva, il tempo di vestizione-svestizione dà diritto alla retribuzione al di là del rapporto sinallagmatico, trattandosi di un obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto”.