I giudici di Piazza Cavour, hanno pronunciato la propria posizione, con la Sentenza n. 27507 del 28 ottobre 2019, in merito ad un caso di cessione d’azienda.
Lo hanno fatto stabilendo che, assodato il carattere retributivo e sinallagmatico del TFR, il datore di lavoro cedente mantiene la responsabilità della quota di retribuzione differita maturata dal suo dipendente nel periodo di lavoro fino al trasferimento aziendale. A detta degli Ermellini è riconosciuta al lavoratore la possibilità di proporre istanza di fallimento del datore cedente, in quanto creditore dello stesso.
I giudici di legittimità hanno così chiarito che “Premesso che i CCNL non sono depositati e che le circolari non hanno valore interpretativo cogente, va rammentato, a sostegno dell’infondatezza del motivo, l’orientamento di questa Corte, secondo cui, in caso di cessione d’azienda assoggettata al regime di cui all’art. 2112 cod. civ., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto, che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cessionario è obbligato nei confronti del lavoratore, il cui rapporto sia con lui proseguito, quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione in ragione del vincolo di solidarietà e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione, mentre il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale. Ne consegue che il lavoratore è legittimato a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro che abbia ceduto l’azienda, essendo creditore del medesimo (cfr, ex multis, Cass. 22.9.2011 n. 19291, Cass. 14.5.2013 n. 11479, Cass. 11.9.2013 n. 20837, Cass. 8.1.2016 n. 164).”