L’Amministrazione Finanziaria ha stabilito che, per quel che concerne un piano di welfare aziendale, realizzato da una società attraverso un nuovo contratto integrativo aziendale, che mira a migliorare il livello di supporto socioeconomico riconosciuto ai lavoratori, i dipendenti a maggior rischio di non impiegabilità e di fragilità sociale si configurano come una “categoria di dipendenti” (art. 51 c. 2 DPR 917/86).
Nello specifico, la valutazione di questa condizione è legata a fattori, soggettivi e oggettivi (inerenti il territorio di residenza del lavoratore e quindi il livello di occupazione locale), ciascuno con un peso specifico differente, in relazione a una scala numerica di valutazione.
Ne consegue che, il percorso di welfare offerto, avente finalità di istruzione e relativo alla formazione, apprendimento e aggiornamento professionale volto a migliorare la quantità e la qualità delle competenze, conoscenze e capacità e potenziare l’occupabilità futura, non è imponibile per i beneficiari e i costi sono a carico della società datrice di lavoro.
Allo stesso modo, non sono imponibili le utilità messe a disposizione dei citati dipendenti in quanto categoria (dunque non concesse ad personam, altrimenti imponibili), che trattano di:
– buoni acquisto, se di importo inferiore a € 258,23;
– contribuzione aggiuntiva alla previdenza complementare, se di importo inferiore, nei corso del periodo d’imposta, ad € 5.164,23;
– acquisto di pacchetti sanitari integrativi;
– rimborso spese sostenute per i familiari in età prescolare;
– rimborso spese scolastiche per i familiari;
– rimborso spese sostenute per l’assistenza dì familiari anziani e/o non autosufficienti;
– servizi con finalità di educazione, istruzione, ricreazione, di assistenza sociale e sanitaria;
– rimborso spese sostenute per abbonamenti al trasporto pubblico.