La Suprema Corte, mediante l’ordinanza n. 22367 del 06 settembre 2019, stabilisce che, nel caso in cui l’imprenditore non dimostri l’iscrizione all’associazione datoriale firmataria del CCNL non dichiarato efficace erga omnes, il giudice può disapplicare tale contratto ed applicarne un altro, depositato in giudizio dal dipendente, più coerente con l’oggetto sociale dell’azienda.
Gli Ermellini precisano, innanzitutto, che i contratti collettivi di lavoro non dichiarati efficaci erga omnes ai sensi della legge 741/1959, rappresentano atti di natura negoziale e privatistica e si applicano esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti.
A detta dei giudici del Palazzaccio, in assenza di tale condizione, il CCNL può ritenersi efficace laddove le parti abbiano fatto espressa adesione ai patti collettivi e li abbiano implicitamente recepiti attraverso un comportamento concludente.
Perché ciò accada, però, non basta solo un richiamo formale del CCNL all’interno del contratto individuale o nelle buste paga dei dipendenti, in quanto è doverosa una costante e prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti.