5 GIUGNO 2019 – Una disamina aggiuntiva della Circolare INL n. 7 del 6 maggio 2019, ci costringe a ritornare nuovamente sul testo del documento, per approfondire un aspetto assai problematico. Ulteriore rispetto a quanto presentato nelle precedenti occasioni.
Dopo averne rilevato gli effetti chiaramente perniciosi per la libertà sindacale e i meccanismi di welfare aziendale, ora rileviamo come, nel documento di prassi, si possa leggere che “anche il datore di lavoro che si obblighi a corrispondere ai lavoratori dei trattamenti economici e normativi equivalenti o superiori a quelli previsti da tali contratti, possa legittimamente fruire dei benefici normativi e contributivi indicati dall’art. 1, comma 1175, della L. n.296/2006; ciò, pertanto, a prescindere di quale sia il contratto collettivo “applicato” o, addirittura, a
prescindere da una formale indicazione, abitualmente inserita nelle lettere di assunzione, circa la “applicazione” di uno specifico contratto collettivo”.
Ora, benché la cosa potrebbe essere sfuggita ai più, è necessario concentrarsi sull’espressione “formale indicazione”.
Fatto notorio è che, la comunicazione al lavoratore del contratto applicato, dovrebbe rappresentare una condotta tutt’altro che formale.
Quindi l’alert che mandiamo agli organi competenti è quello relativo al fatto che, questa valutazione sostanziale della comunicazione, configuri un attacco vero e proprio ai CCNL, nello specifico, nella loro veste di cardine e leva definitoria dei rapporti tra lavoratore e imprese.
Definire, impropriamente, “formale” la comunicazione al dipendente configurerebbe un subitaneo svilimento del valore del contratto collettivo e, di conseguenza, imporrebbe la totale ininfluenza del CCNL sulle condizioni lavorative personali del lavoratore.
Appare, da questo ulteriore aspetto problematico, come perseverante l’opera dell’Ispettorato di fornire un’assoluta legittimazione all’autonomia negoziale tra le parti prescindendo dai CCNL.
Sottolineiamo la natura impropria di questa condotta in virtù di un chiaro principio di diritto presente nella disciplina sui contratti di lavoro. Il riferimento è all’inderogabilità in peius dei contratti collettivi per quanto concerne i loro rapporti con i contratti individuali.
Difatti, è impossibile, per un datore di lavoro e per il lavoratore, disciplinare contrariamente a quanto sancito dal contratto collettivo, ricorrendo ad un personale contratto individuale.
La ragione dell’inderogabilità in peius risiede nel peso specifico posseduto dal contratto collettivo, nel suo ruolo di affidatario di una serie di prerogative non negoziabili: come l’interesse collettivo, l’attività e sostanza del sindacato, o ancora la gestione della relazione tra ordinamento giuridico nazionale e quello intersindacale, nonché il valore giuridico dell’adesione del lavoratore alle associazioni sindacali e dell’azienda all’associazione di categoria.
Ricordiamo che, a disciplinare tale inderogabilità, vi è l’articolo 2077 del Codice Civile, nel quale si legge che “contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo, devono uniformarsi alle disposizioni di questo. Le clausole difformi dei contratti individuali preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro”.
Sottostimando il valore della comunicazione del CCNL applicato al dipendente, la Circolare in oggetto sembra configurare una sorta di parificazione tra le duetipologie di contratti (collettivo e individuale): cosa che, vicendevolmente, determinerebbe uno svuotamento del valore del contratto collettivo.
Un’aura di illegittimità sembra pervadere l’intero documento, financo sconfinante in, malcelate, condotte antisindacali.