La Suprema Corte, mediante la sentenza n. 12534 del 10 maggio 2019, ha stabilito la legittimità del comportamento di un lavoratore che registra di nascosto le conversazioni coi colleghi al fine di precostituirsi un mezzo di prova contro il datore in una causa futura o imminente, in quanto ciò rappresenta l’esercizio del diritto di difesa.
Gli Ermellini chiariscono che l’uso a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente ed i colleghi sul luogo di lavoro non ha bisogno del consenso dei presenti.
Questo accade in virtù del fatto che è imprescindibile il bisogno di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall’altra e, pertanto, di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio.
Secondo i giudici di legittimità è lecita ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare, la condotta del lavoratore che abbia proceduto in tali registrazioni al fine di salvaguardare la propria posizione all’interno dell’azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto.