La Suprema Corte, mediante l’ordinanza n. 12652 del 13 maggio 2019, ha stabilito che, alla luce dell’autonomia dell’obbligo contributivo rispetto al rapporto lavorativo, il contenuto della transazione intervenuta tra datore e lavoratore non è rilevante per quanto riguarda il profilo del versamento dei contributi e, pertanto, è inopponibile nei confronti dell’INPS.
Gli Ermellini dichiarano che, per quanto concerne l’obbligo contributivo del datore di lavoro, la transazione intervenuta tra questi ed il lavoratore è inopponibile all’INPS.
A detta dei Giudici di legittimità, infatti, il rapporto assicurativo e l’obbligo contributivo relativo, sebbene nasca contestualmente all’instaurazione del rapporto di lavoro, risultano del tutto autonomi e distinti.
Onere del datore rimane nei riguardi dell’Istituto previdenziale a prescindere dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore siano stati adempiuti, in tutto o in parte, o che il lavoratore abbia rinunciato ai propri diritti.
Nella fattispecie, l’accordo transattivo non ostacola l’INPS dall’avvalersi dell’accertamento compiuto dal giudice in primo grado, giacché questo accertamento rappresenta comunque un’affermazione obiettiva di verità sui fatti accertati e sull’esistenza di un rapporto di lavoro nei termini individuati in sentenza, con conseguenze dirette anche sugli oneri contributivi.
I giudici del Palazzaccio, alla luce di tali principi di diritto, respingono il ricorso proposto dalla società, ribadendo l’obbligo della stessa di versare i contributi così come quantificati dall’INPS.